L’esplicazione della volontà, intesa come fuoco ermetico, è una forza trasmutativa inferiore in potenza a quella dell’Amore, o quantomeno secondaria in quanto, non si finirà mai di dirlo, mentre l’Amore ha un potere purificatorio assoluto su tutti i veicoli del corpo umano, ciò non è affatto vero per la Volontà.
In altri termini, La Volontà è il fuoco capace di cuocere e sciogliere le incrostazioni della sfera mentale e la sua azione è circoscritta a tale sfera. L’Amore invece, a partire dalla sfera emotiva, influisce e trasforma anche quella mentale e quella istintiva; ed è solo grazie all’Amore che si svilupperà l’Ermete nella sua manifestazione più sublime e loquace. Dunque l’ermetista cercherà sempre di sviluppare la sua Intelligenza Emotiva prima di ogni altra cosa.
Tuttavia la forza della volontà non va trascurata perché, unita all’immaginazione, è il mezzo utilizzato per operare magicamente.
Ma cos’è questa volontà, ovvero come si esplica? E’ possibile modificare la realtà con la forza di volontà?
Un esempio sorprendente che illustra l’influenza diretta della forza di volontà concentrata sulla materia è quello dell’ago che gira in un bicchiere d’acqua. Madame Blavatsky se ne serviva per insegnare a sviluppare la forza di volontà alla sua discepola, Annie Besant. Vediamo in cosa consiste.
Si mette in un bicchiere d’acqua un ago e, per evitare che affondi, si deve coprire di un sottile strato di grasso, ungendosi le dita di olio o burro e facendole scorrere sull’ago. Poi si deve posare delicatamente sulla superficie dell’acqua in modo che galleggi senza toccare i bordi.
A questo punto bisogna sedersi davanti al bicchiere con il mento appoggiato ai palmi delle mani ed i gomiti puntellati sul tavolo. Infine quando l’ago è perfettamente fermo, bisogna cominciare a guardarlo fissandolo intensamente, senza sbattere le palpebre, come se uscissero dei raggi immaginari dagli occhi e desiderando che giri secondo la propria volontà.
Se la concentrazione è sufficientemente forte, l’ago ruoterà.
Dunque la prima constatazione a cui si perviene è che la volontà si esplica con la concentrazione.
Ma la capacità di concentrazione dipende dalla mente. Se per un attimo si chiudono gli occhi e si comincia a “guardarsi dentro” si percepirà la propria mente come un flusso inarrestabile di pensieri, immagini e verbalizzazioni. Quand’anche si cercasse di bloccare questo flusso, si scoprirà che quest’operazione è difficilissima, quasi impossibile, a meno di non avere una mente perfettamente allenata e docilmente piegata alla propria volontà.
La seconda constatazione che se ne deduce è che sembra che i pensieri vivano di vita propria, ovvero non siano prodotti dalla mente bensì che la pervadano e la dominino a proprio piacimento. Su questo tema Sri Ramana è provocatoriamente esplicito: “La mente è soltanto un fascio di pensieri: arrestate il pensiero e poi ditemi cos’è la mente”. Questa è un’equazione filosofica completa, in quanto racchiude in se stessa anche la soluzione.
Il corollario della precedente constatazione è che l’uomo non è assolutamente padrone della propria mente.
In pratica si riscontra che la mente è ostile ad ogni sforzo che si compie per domarla; questo avviene perché ha una sua forma di coscienza che non coincide con quella dell’uomo. Molto spesso gli interessi dell’uomo e quelli della sua mente sono contrastanti. La riprova immediata la si nota tutti i giorni, in quanto spesso, quando si ha bisogno di usare il cervello/mente, esso si rifiuta di collaborare trovando mille pretesti quali la stanchezza, la mancanza di tempo, l’ansia, un problema particolarmente importante, ecc. ecc.
Insomma i pensieri e le emozioni si affacciano alternativamente all’attenzione cercando di far passare in second’ordine il desiderata dell’uomo.
In altri termini è come se nella nostra testa non esistesse una sola entità, ma molte e differenti, le quali tutte insieme cercano di convivere trovando volta per volta un compromesso tra il desiderio dell’una ed il desiderio dell’altra.
Un coacervo di Io, ognuno con un proprio obiettivo. Un coacervo di pensieri, emozioni, desideri spesso contrastanti e che si sovrappongono l’uno sull’altro senza sosta, cercando ognuno di avere il predominio, perché tale momentaneo predominio, tale seppur breve momento di messa in evidenza è, per loro, la Vita.
Ora, se in una mente sgombra dalle migliaia di pensieri passati, presenti e futuri, dunque mente libera da tutto in tutto e per tutto, in questa mente cosa accade se si concentra un solo ed unico pensiero? Quale può essere la sua forza d’urto?
Quando, tramite una lente, concentro i raggi del sole in un unico punto, riesco ad ottenere un calore sufficiente ad appiccare il fuoco.
La concentrazione della mente, l’attenzione, agisce allo stesso modo. E’ il fuoco della lampada che rischiara e riscalda. E’ luce che illumina e purifica. Concentrare tutta la propria attenzione su di un singolo oggetto significa eliminare tutti i fattori di disturbo (pensieri vaganti) che non sono legati all’oggetto stesso. In una fase avanzata la mente va liberata da tutto, finché non resta che il nulla.
Ed ora torniamo alla volontà. La volontà si esplica con la concentrazione. Maggiore sarà la capacità di concentrazione, maggiore sarà il potere della volontà. Ma attenzione, non serve uno sforzo fisico o nervoso per esplicitarla. Lo sforzo richiesto per leggere e capire questo post è sufficiente per applicare la forza di volontà con successo. In quanto, in questo minuto dedicato a leggerlo, non avete impegnato la vostra mente che alla sua comprensione.
“Se ti parlo di volontà non significa che devi creare uno sforzo, una tensione, come ti trovassi di fronte ad un impedimento; la vera volontà è libera da tensione, da sforzo, dalla rigidità nervosa; essa è qualcosa che nasce nel mondo delle non-resistenze, fuori dalle dimensioni spazio-temporali; è un atto libero, innocente, sottile, secco; è il volo di una rondine, la quale saetta nell’immobilità perfetta delle sue ali.” (Raphael, La Triplice Via del Fuoco)
6 Responses to “La Volontà”
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October 26th, 2009 at 14:32
Secondo Fabre d’Olivet, Volonta’, Destino e Provvidenza sono strettamente interconnessi.
Il Destino é la parte inferiore ed istintiva della Natura universale e la sua azione si chiama fatalità; la forma nella quale si manifesta a noi, necessità. La Provvidenza é la parte superiore ed intelligente della Natura universale; é una legge vivente emanata dalla Divinità, per la quale tutte le cose si determinano in potenza d’essere.
E’ proprio la volontà dell’uomo a riunire il Destino alla Provvidenza. Ed e’ appunto la volontà umana che, se unita alla Provvidenza, diventa potentissima e può controbilanciare il Destino, neutralizzandone gli effetti o cambiandone il corso.
Ma per cambiare la volonta’ in Volonta’, e’ necessario un lungo cammino, poiche’ si deve giungere ad una totale purezza di cuore per poter attuare quella trasformazione.
“In verità vi dico: se non cambiate e non diventate come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”.
Matteo 18:3
November 21st, 2009 at 10:57
Caro/a Athanor,
per l’Ermetismo la Provvidenza Divina, intesa nel senso di Legge Intelligente, unica, fatale ed inesorabile, è il Dio Onnipotente. Tale legge è presente ovunque e si manifesta secondo la sequenza quaternaria del Tetragrammaton anche all’interno di noi stessi, nella nostra Psiche, dando origine a quello che la Tradizione Orientale chiama Karma. Detto in termini semplici, l’esperienza dell’uomo prosegue in ossequio alla direzione dei suoi contenuti psichici, coscienti ed incoscienti; dunque se si vuole modificare la propria esperienza in accordo alla propria volontà bisogna eliminare dal proprio Corpo Lunare tutte le forme mentali e le idee che condizionano il comportamento verso direzioni non consone ai propri desideri e che condizionano il destino. In tal senso va la famosa purificazione, o soluzione, alchemica.
Nulla può sottrarsi alla legge quaternaria e presto a tardi, infatti, tutte le forme psichiche, recenti o antiche, coscienti o incoscienti, consolidate dall’automatica ripetizione verranno fecondate dal principio generatore, o Yod, che le porterà alla vita sul piano della manifestazione.
Dunque, come giustamente affermi, per fare la propria volontà, bisogna purificarsi di tutte le concrezioni astrali che ci muovono diversamente. E alla fine, una volta resa manifesta la propria Anima, non si anelerà altro che ad agire secondo la volontà della Provvidenza Divina, che è anche quella dell’Anima Superiore. Ed è ciò che fa dire al Cristo: “Sia fatta la Tua Volontà e non la mia”.
December 3rd, 2011 at 00:34
Riflettevo su quanto scritto di interessante a riguardo della Volontà, anche se il post è di vecchia data. Pensavo comunque, che uno degli obbiettivi dell’aspirante ermetista dovrebbe essere quello di unificare l’atto di volontà con la forza purificatrice dell’amore. Quando nei miei atti io metto solo la volontà, questa, per quanto importante che sia non sarà mai una volontà creatrice. Soltanto se imparerò a compiere ogni mio atto di volontà con amore, come leggere uno scritto ermetico o una poesia con il cuore, creerò in me un effetto capace di elevarmi dal piano puramente razionale a quello spirituale. Inoltre, la mia volontà-amore mi farà essere uno con quello che in quel preciso momento sto facendo. Così ad esempio, non sarò più uno che sta leggendo una preghiera, ma sarò quella preghiera, non sarò più uno che sta pronunciando un mantra, ma sarò il mantra stesso, come non sarò più uno che sta praticando un rito, ma sarò il rito. E se poi è vero che tutta la vita è rito, io non sarò più uno che vive e che dalla vita viene trascinato, ma sarò la vita stessa, in quanto grazie alla volontà- amore potrò diventare uno con essa.
Questa è, secondo il mio umile vedere, la vera volontà creatrice, la stessa con la quale Dio creò il mondo, così come l’artista crea la sua opera.
Forse è ciò che Ambelain voleva intendere, quando scrisse che la preghiera è il fuoco dei filosofi.
Scusate se mi sono prolungato.
Saluti,
Fabrizio.
December 6th, 2011 at 18:55
Bravo Fabrizio.
Tuttavia questa identificazione è possibile solo in una fase avanzata di sviluppo.
Vedi, la Volontà e l’Amore ad un certo livello coincidono. La volontà è movimento, è azione diretta verso un dato fine, è atto creativo nell’istante del suo concepimento. La volontà è funzione divina, ma nell’uomo è asservita alla lussuria e all’orgoglio. Va pertanto purificata.
Relativamente alla tua ultima affermazione, dal punto di vista ermetico la preghiera è un’affermazione di volontà. Ora, purtroppo tale volontà è come “impastata” (in base a quanto detto prima), ma è possibile rendere la preghiera più energica e penetrante grazie alla forza dell’emozione.
Non so cosa volesse intendere Ambelain; ma a mio avviso la preghiera non è il fuoco, bensì un utile strumento per accenderlo.
Un caloroso saluto
December 7th, 2011 at 16:23
Caro Nebheptra,
grazie tante per le tue parole con le quali concordo pienamente. Comprendo l’importanza del lavoro di purificazione e della preghiera quale strumento per raggiungere tale fine. Riguardo alla preghiera essa è certamente uno strumento, ma forse raggiunto un certo livello, come tu dici, essa cessa di fungere da strumento e diviene lo stesso orante, la cui presenza ed essenza è una preghiera costante.
Ad esempio, per un samurai la spada (simbolo del verbo) non era un semplice strumento ma rappresentava la sua essenza, ed egli era uno con essa, come un uomo è uno quando si unisce alla donna che ama.
Forse anche per questo il potere della spada era attivo solo se impugnata dal suo proprietario (un realizzato) ed in mano di un altro era un semplice pezzo di ferro.
Grazie ancora ed un caro saluto.
Fabrizio.
November 11th, 2016 at 22:59
[…] Vedi anche La Volontà – prima parte […]