
Che cos’è la volontà? Essa è la più grande forza esistente nell’uomo ed anche la forza fondamentale della Natura, origine e sorgente di tutte le altre forze che non ne sono che aspetti o riflessi particolari; il paragonare la forza di volontà alle forze della natura, che secondo i concetti ordinari sono considerate prive di intelligenza, potrà sembrare poco appropriato, ma chi vorrà riflettervi su vedrà invece che esse hanno un’unica origine, perché tutte derivanti dall’Uno.
La volontà è primitivamente e fondamentalmente una manifestazione di Dio e le sue origini si perdono con l’origine di Dio. Essa è un aspetto dell’Essere, una proprietà a Lui inerente e non può avere altra origine: non è l’azione, ma è la causa dell’azione e ad essa pre-esiste. Non è neppure il pensiero, ma è da questo indipendente: per quanto si esprima col pensiero, la sua vera essenza è di natura superiore; manifestandosi direttamente dallo Spirito essa è originariamente di natura puramente spirituale.
Il suo carattere appare essenzialmente attivo e positivo, partecipando della polarità, attiva o positiva della personalità umana – emanazione dello Spirito; la volontà, per se stessa, non è capriccio, non è né l’emozione né il desiderio: la pura volontà, emanando dalla parte più elevata dell’Essere, non può avere alcuna imperfezione o difetto, come non può avere alcuna limitazione.
I difetti e le limitazioni che si attribuiscono alla volontà non sono ad essa inerenti, come non sono inerenti a Dio di cui è proprietà inseparabile, ma dipendono esclusivamente dalle imperfezioni della mente o del corpo che costituiscono sempre un ostacolo – maggiore o minore a seconda dello sviluppo – alla sua perfetta e libera manifestazione. Ma la Volontà è sempre, di sua natura, perfetta e le imperfezioni risiedono solo nei mezzi in cui si manifesta.
In questo senso è assurdo parlare di sviluppo della Volontà poiché, essendo perfetta, non è suscettibile né di aumento né di diminuzione. Per educazione e sviluppo della volontà bisogna invece intendere la cultura e lo sviluppo dei mezzi attraverso cui essa si manifesta e cioè il pensiero, l’emozione e l’azione, liberandola dagli automatismi che sono propri alla sostanza di questi mezzi. La passività e l’inerzia sono il carattere di queste resistenze, la cui natura è essenzialmente negativa, e perciò opposta, in polarità, alla volontà.
Inerzia ed automatismo – due aspetti di una stessa cosa – sono proprietà inseparabili della materia in tutte le sue forme, e quindi anche dei mezzi attraverso cui si manifesta la Volontà che, come lo Spirito, è invece caratterizzata dalla proprietà dell’attività. L’abitudine, gli appetiti, gli istinti e le passioni sono altrettante forme di automatismi che hanno ragione di esistenza nell’inerzia della materia e che dipendono perciò dalla parte passiva ed istintiva del nostro essere. E’ corretto usare l’appellativo di riflessi, perché in certo modo riflettono, ripetono e tendono a perpetuare ciò che la prima o le prime volte venne fatto dalla volontà cosciente, ma senza che poi la coscienza vi abbia più alcuna parte attiva. Sono il nostro passato, la nostra eredità umana che tende a perpetuarsi, approfittandosi del sopore o della debolezza della nostra coscienza che non ha ancora imparato ad esercitare il suo controllo su questi automatismi ed a dominarli colla volontà anziché esserne dominata.
Questi automatismi dominano senza contrasto nella vita vegetale e nella vita animale; ad essi sono dovuti sia la crescita, lo sviluppo e la riproduzione degli organismi, sia tutti gli istinti della vita animale, dai più semplici come quelli che si riferiscono alla nutrizione, ai più complessi come le migrazioni degli uccelli, le costruzioni dei castori, l’opera intelligente delle api e delle formiche, ecc. Senza di essi la vita vegetale, animale e neppure l’umana sarebbero possibili; anche nella vita umana hanno una parte molto importante ed utile e quasi esclusiva nell’uomo dall’intelletto poco sviluppato: da essi dipendono la vita organica o vegetativa e tutti gli istinti in comune con gli animali e per di più le abitudini, che tanta parte hanno nella vita umana e, grazie alle quali, l’uomo fa le cose quasi senza accorgersene. Un esempio molto chiaro dell’aiuto che reca all’uomo l’abitudine nella sua vita quotidiana è visibile nella differenza fra l’imparare a fare una cosa od il farla per la prima volta, ed il farla dopo averla imparata.
E’ anche vero che l’abitudine è molto utile se non usurpa il posto della volontà cosciente, quando cioè è controllata e diretta dalla ragione e dalle qualità umane superiori e non si sostituisce ad esse né si pone con esse in contrasto: è un’ottima serva, ma una pessima padrona.
Da quanto detto si evince immediatamente come fare per sviluppare la volontà: vincere le abitudini e l’inerzia della materia. In altri termini sopprimere le abitudini inutili che ci rendono schiavi (come ad esempio il fumo e gli alcolici fuori dai pasti) ed ingaggiare una lotta contro se stessi per riuscire a far sì che il proprio corpo diventi un docile strumento. La Grande Opera Spirituale comprende il dominio della Volontà sul corpo, in particolare di quelle parti che animano il sistema nervoso cosciente. Occorre controllare, poco a poco, ogni gesto, le parole, lo sguardo; occorre resistere alla fame, alla sete, alla stanchezza, al sonno, quando ciò è fattibile. Ma senza imporci delle punizioni arbitrarie ed inutili, perché quando siamo privati del sonno e del cibo, poi lavoriamo male ed il nostro umore ne risente: siamo ancora troppo legati alla materia. Solo i veri Iniziati, in cui lo Spirito ricopre il ruolo dominante, possono digiunare, vegliare, sopportare la fatica ed il dolore senza che il loro morale ne risenta e senza che ciò traspaia all’esterno.
La vitalità fisica è molto sensibile alle disposizioni di carattere. Il cattivo umore, l’ansia, il pessimismo l’indeboliscono; il buon umore, l’entusiasmo, l’ottimismo la rafforzano. Occorre mantenersi gioiosi, e dato che le opportunità per essere felici non sono sempre frequenti, occorre un allenamento sistematico ad un atteggiamento felice. Il vero uomo di desiderio non è un individuo depresso, scontroso e perso in cupe meditazioni. Sa sorridere, può essere gaio e sa che tutte le forze hanno bisogno di riposo, in quanto durante il riposo la volontà, così come i muscoli, si rinnova e si rinforza. Una ricreazione può diventare una ri-creazione.
Tale lotta, vero combattimento spirituale, va estesa sul piano emotivo e su quello del pensiero con le medesime modalità. Emozione e pensiero devono anch’essi divenire alfine docili servitori della volontà.
Vedi anche La Volontà – prima parte