Leggere i testi alchemici al giorno d’oggi è molto più difficile di un tempo.
Infatti l’erudito medievale, che si dedicava allo studio dell’alchimia, conosceva sicuramente il latino, il greco e l’ebraico, e i più eruditi probabilmente masticavano anche l’arabo e qualche altra lingua mediorientale. Se non si conoscono le lingue antiche, che permettono di risalire all’etimologia delle parole, le frasi alchemiche sono per lo più incomprensibili.
Mi spiego meglio. Nel “Trattato sull’arte alchemica” di Tommaso d’Aquino, al capitolo secondo si legge:
Ma per spiegarmi brevemente, la nostra materia, o Magnesia, è il nostro Argento vivo minerale preparato con l’urina dei bambini di dodici anni appena emessa…
L’urina, chimicamente, è una fonte di sali ammoniacali e di fosfati alcalini, per cui è considerata come un solvente. In alchimia si legge di diverse specie di urina, per esempio urina d’asina, di cammello, ecc. E’ evidente che ci si riferisce, in tali casi, alle funzionalità competenti i diversi animali riflesse come specificazioni nell’essere umano.
L’urina di fanciullo non rappresenta altro che l’apertura della porta verso la nascita dell’Infante in noi, quindi risulta superiore a tutte le altre urine (o porte).
La Magnesia, od ossido di Magnesio MgO, così come il Magnesio stesso, è stata scoperta solo nel secolo 19°. Tommaso d’Aquino visse nel 13° secolo, ben 6 secoli prima della scoperta della magnesia. In effetti la parola magnesia è antichissima, di origine greca. Si ritrova anche nel Papiro di Leida, che è una raccolta proveniente da Tebe di 99 ricette alchemiche scritte in greco, risalente al III secolo dopo Cristo.
Dunque, il termine Magnesia, in se per sé, cosa poteva significare per gli antichi Alchimisti? Di certo non poteva esserci al tempo nessun rapporto tra l’Albedo e la Magnesia, associazione comunemente adottata oggi ed ispirata dal colore bianco della Magnesia stessa.
Per capire le cose dobbiamo affidarci all’etimologia. Il termine greco magnesia è composto da due parole: magnes ed osia, che significano il magnes che è, ovvero l’essenza del magnes.
A sua volta il magnes non è altro che lo stato di Mag, ovvero della lucidità magica, cosciente, che viene indotta nell’iniziato per mezzo del nes che, in caldaico significa parlare. In definitiva la Magnesia è lo stato di Mag che si ottiene con la parola, ovvero tramite le preghiere o gli scongiuri.
Volendo applicare questa informazione, cercando un esercizio più impegnativo, torniamo al Papiro di Leida. Tra i suoi commentatori vi è chi vi legge solo ricette artigianali e chi invece vi legge delle ricette alchemiche. Ho già spiegato, in un precedente post, che tutte le operazioni descritte dai veri alchimisti devono intendersi rivolte sia al campo fisico che a quello spirituale, l’uno non escludendo l’altro. Forti di questa consapevolezza, analizziamo la seconda ricetta del Papiro:
Il piombo e lo stagno vengono imbianchiti per mezzo della pece e dell’asfalto. Sono poi induriti tramite l’allume e la magnesia in polvere.
Apparentemente sembra una ricetta che descrive operazioni puramente meccaniche. Per “tradurlo alchemicamente” ricorriamo all’etimologia.
Il vocabolo allume viene dal latino alumen che è la traduzione della parola greca stupteria che deriva dal radicale egizio stwt che vuol dire preghiera.
La parola pece deriva dal greco pissa che deriva dal radicale egizio pss che significa dividere, estrarre, separare.
Asfalto viene dal greco asphalton che deriva dal radicale egizio sfh che significa, purificare, offrire a Dio.
La traduzione della ricetta quindi sarà:
“Se vuoi purificare (imbianchire) il tuo corpo fisico (piombo) e i primi prodotti del separando (stagno= fase antecedente l’albedo), devi dividere il denso dal sottile (pece = estraendo dalle sensazioni le parti più grevi dalle più pure) operando una purificazione costante (asfalto).
Quando ottieni i primi risultati, fissa (indurisci) questi stati interiori aiutandoti con la preghiera (allume) e con uno scongiuro che sia adatto allo scopo (magnesia: essendo in polvere lo scongiuro deve essere di carattere generale, non specifico).”
Dunque la ricetta è la prescrizione di una pratica ermetica che è di uso comune per coloro che perseguono la Grande Opera.