Esistono tre tipi di alchimisti, mi rispose il mio Maestro. Quelli che sono vaghi perché non sanno di che cosa stanno parlando, quelli che sono vaghi perché sanno di che cosa stanno parlando, ma sono anche consapevoli che il linguaggio dell’alchimia è un tipo di linguaggio rivolto al cuore, e non alla ragione.
E qual è il terzo tipo? gli domandai.
Quelli che non hanno mai sentito parlare di Alchimia, ma che sono riusciti, nel corso della loro vita, a scoprire la Pietra Filosofale.
(Paolo Coelho, L’Alchimista, pag.11)
Con l’Illuminismo inizia un periodo di erosione dei valori spirituali perchè inizia a prendere sempre più piede il senso della materialità portatrice del culto del progresso, inseparabile da quello dell’ego; processo che forse si era già innescato con il Rinascimento. Per converso, nel XVII e XVIII secolo ci furono numerose trasmutazioni pubbliche in Europa. Cosa che può essere interpretata come un tentativo, da parte di chi possedeva la conoscenza iniziatica, di cercare di influenzare in qualche misura l’orientamento del pensiero che iniziava ad immergersi nell’intellettualismo che avrebbe a sua volta partorito l’attuale materialismo sempre più cieco.
È un periodo unico nella storia, è quello in cui i veri Filosofi si prodigarono in dimostrazioni pubbliche d’alchimia, quasi volessero dare agli scienziati ed ai pensatori del tempo un messaggio del tipo:
“Con Lavoisier sta nascendo la chimica, ma questa non è la vera strada, non è il giusto modo di comprendere la materia e causerà una comprensione errata della vita e dell’uomo, portando ad una scienza meramente materialista. Noi vi mostriamo la vera via che conduce alla comprensione dell’Universo, che è diversa dalla vostra”.
Un alchimista del terzo tipo
E’ impossibile in un unico post elencare tutte le trasmutazioni realizzate attraverso l’Europa durante il XVII ed il XVIII secolo. Ne ho scelta una che ben si presta a diverse riflessioni. Si tratta della trasmutazione effettuata nel 1666 da Helvetius, al secolo Johann Friedrich Schweitzer, medico del principe d’Orange.
Per inquadrare il personaggio diciamo che questi era l’equivalente del direttore del CERN. Era dunque uno scienziato che non dava nessun credito ad assurdità come la pietra filosofale!

Helvetius
Ho scelto questo caso proprio perché gli storici e gli inquirenti non sanno spiegare la sua testimonianza e preferiscono evitare di dare giudizi. Sentiamo cosa racconta Helvetius nel suo Vitulus Aureus quem mundus adorat & orat:
“Il 27 dicembre 1666, nel pomeriggio, uno straniero si presentò da me ad Hayes, l’aria di un plebeo, di un’onesta gravità e di un’autorità piena di serietà; era di bassa statura con un viso minuto ed allungato contrassegnato da alcuni buchi di vaiolo, una capigliatura quasi tutta nera senza nessun riccio, il mento rasato, maturo, mi sembrava tra i 43 e i 44 anni e nativo dell’Olanda del Nord “.
E’ interessante notare en passant la scelta della data della visita: l’anno è il 1666, la cui riduzione è 10, ma ben si visualizza l’anno come l’1 contrapposto al 666, o anche l’1 al 9 (=6+6+6), o anche geometricamente come il punto nel cerchio.
Il totale di 27+12+1666 è 4, come gli Elementi, che equivale di nuovo a 10 (=4!).
Ma lasciamo le interpretazioni numeriche agli aritmosofisti e andiamo oltre.
L’uomo è di mezza età ed ha l’aria di un plebeo. Sebbene possieda dell’oro (come si vedrà nei passi successivi), non lo ha utilizzato per acquistare dei bei vestiti e rimettersi a nuovo prima di andare a rendere visita ad un’autorità del suo tempo. Verità e semplicità, tale è il primo insegnamento.
Ma bisogna anche tener conto di quanto affermano i Filosofi, come ad esempio Filalete ne L’Entrata aperta al Palazzo chiuso del Re: l’oro prodotto dall’Arte è così puro che il solo cercare di utilizzarlo o venderlo attira sospetti e mette in pericolo il suo possessore. Dunque la riservatezza è d’obbligo.
“Dopo avermi salutato, mi pregò molto rispettosamente di scusare la grossolanità del suo aspetto per il fatto che era un grande amante dell’arte pirotecnica. Mi disse che aveva letto alcuni dei miei piccoli trattati, particolarmente quello contro la polvere simpatica di sir Kenelm Digby; e così si era reso conto dei miei dubbi a proposito del mistero filosofico, questa era la causa della sua visita e mi chiese se mi era impossibile credere che la natura rinchiudesse un grande mistero capace di curare tutti i mali”.
Così, questo plebeo non manca di modi urbani e legge le pubblicazioni degli scienziati, ciò ne fa non solo un uomo semplice, ma anche colto e socialmente inserito. A conferma della considerazione di riservatezza fatta precedentemente, lo straniero afferma che il suo amore per l’arte pirotecnica è la motivazione del suo aspetto dimesso.
Dalle prime parole si evince che il nostro “pirotecnico”, o filosofo del fuoco, vuole riabilitare il valore della polvere dell’inglese Kenelm Digby, in particolare, e le capacità terapeutiche della pietra filosofale, in generale.
Anzitutto quali sono gli effetti di questa polvere di Digby?
Sono gli stessi di quella di Paracelso e dell’inglese Robert Fludd che sperimentarono con grande successo l’ unguento delle armi. Questo unguento riusciva a risanare a distanza e in modo quasi istantaneo qualsiasi ferita, se applicato sulla spada o sul pugnale che l’aveva causata.
Digby divulgò allo stesso modo la sua cura con la polvere simpatica operando a distanza: mettendo la polvere sulla biancheria che era stata a contatto della ferita ne otteneva la guarigione.
Notiamo che il misterioso visitatore di Helvetius lega gli effetti della polvere di Digby con quelli della pietra filosofale.
L’adepto fece poi un brillante discorso sui medicinali di origine ermetica, a tal punto che Helvetius lo credette medico. Difatti gli raccontò di conoscere il modo di estrarre dai metalli numerosi medicinali:
“Gli chiesi allora se faceva il medico per il fatto che parlava con tanta scienza di questo medicinale universale, ma, senza rispondere direttamente alla mia domanda, disse che faceva il fonditore di rame; tuttavia, nella sua gioventù, un amico gli aveva ben insegnato delle cose meravigliose in chimica, particolarmente il modo di estrarre dai metalli, con la virtù del fuoco, numerosi arcani medici, ed egli continuava a dedicarvisi”.
Qui vediamo che è necessario l’aiuto di qualcuno per scoprire gli ingranaggi dell’Alchimia, scienza della materia e dello spirito. E questo qualcuno lo si chiamerà amico, o insegnante, o maestro.
L’adepto chiese a Helvetius se fosse stato in grado di riconoscere la pietra filosofale se l’avesse vista. Il medico non osò, diciamo per amor proprio, rispondergli negativamente:
“Dopo un altro lungo discorso concernente le esperienze sui metalli, questo Elias mi chiese se fossi capace di riconoscere la pietra filosofale se l’avessi vista. Non gli risposi, sebbene avessi letto molto di questo argomento in Paracelso, Helmont, Basilio e tanti altri, ma osai dire solo che potevo riconoscere la materia filosofale”.
Si noti il nome di Elias dato all’alchimista derivato sia da Elia (il cui profetizzato ritorno viene continuamente citato ed auspicato dagli alchimisti), che da Helios intendendo con ciò che l’adepto pratica l’opera del sole o alchimia. In quest’accezione ha un doppio senso: il primo designa i raggi dell’astro diurno utilizzato direttamente o per riflessione, il secondo indica l’Uomo Solare.
L’adepto estrasse dalla tasca una scatola dove prese tre piccole pietre di colore giallo dicendo che questi tre pezzi grandi come delle nocciole erano capaci di produrre circa 20 tonnellate d’oro:
“Nel frattempo, estrasse dalla sua borsa o dal taschino una scatola in avorio finemente lavorato dove prese tre piccoli pezzi della Pietra, ciascuno della grandezza di una piccola noce, trasparenti, di un pallido colore di zolfo, recanti le impronte della graduazione interiore del crogiolo in cui, sembra, questa nobilissima sostanza era stata sciolta. Si poteva considerarli come capaci di produrre circa venti tonnellate di oro”.
Bisogna sottolineare qui la trasparenza, che è il segno di un’intensa purificazione della Pietra in stretto rapporto con quella della materia biologica in una nostra futura reintegrazione. Come detto in un post precedente, Adamo dovrà divenire adamantino.
Helvetius contemplò le pietre che aveva in mano, mentre l’adepto descriveva i loro effetti sui metalli e gli uomini. Il medico volle conoscere la ragione del colore giallo mentre d’abitudine la Pietra è descritta di colore rosso:
“Dopo averle contemplate avidamente e tenute in mano per quasi un quarto d’ ora, ed ottenuto dal loro proprietario molti segreti meravigliosi riguardanti i loro effetti ammirevoli sui corpi metallici ed uomini, gli resi questo tesoro dei tesori, e lo feci veramente con lo spirito estremamente triste come qualcuno che agisce controvoglia, ma molto umilmente e ringraziandolo molto, come si deve in un tale caso. Ho voluto sapere anche perché il colore era giallo e non rosso, rubino o purpureo, come i filosofi descrivono; mi rispose che era così perché la materia era semplicemente affinata ed abbastanza matura”.
Helvetius gli chiese un pezzo di pietra. L’adepto rifiutò per le possibili conseguenze che poteva comportare, lasciando supporre che non era solo per la trasmutazione. Un simile potere non poteva essere messo in nessun caso a disposizione di spiriti deboli o perversi.
“Umilmente, lo pregai di darmi un piccolo pezzo di medicinale per custodire di lui un ricordo eterno, bastava la quantità di un seme di coriandolo o di canapa. Mi rispose: ” Oh no, no, questo non sarebbe permesso anche se mi pagassi altrettanti ducati d’oro che occorrono per riempire questa stanza; non è a causa del valore della materia, ma per le conseguenze particolari che non si devono divulgare. E se fosse possibile che il fuoco consumasse il fuoco, getterei tutta questa sostanza all’istante in seno alle fiamme più ardenti”.
L’ultima frase è una rivelazione: la pietra filosofale è incombustibile perché costituita di fuoco, ovvero di purezza luminosa. È la ragione per la quale gli alchimisti sono chiamati filosofi del fuoco.
Ciascuno dei quattro elementi: Fuoco, Terra, Aria ed Acqua della nostra materia sono costituiti in totalità o in parte di Fuoco. Tutta la Grande Opera consiste nell’aumentare dunque, fino a saturazione, la quantità di Fuoco contenuto nella Terra, nell’Aria e nell’Acqua. Di qui la tendenza alla trasparenza della Pietra.
“Ma poi mi chiese se avessi un’altra stanza privata che non si aprisse sulla strada; lo condussi in quella meglio ammobiliata di quelle che davano dietro, ed entrò lì senza asciugare le sue scarpe (coperte di neve e fango) secondo il costume olandese. Non dubitavo allora che me ne avrebbe dato un pezzo, o mi volesse confidare un grande segreto, ma la mia speranza fu vana. Mi chiese un piccolo pezzo di oro e, spostando il suo mantello da pastore, aprì la sua giubba sotto la quale portava, sospeso a nastri di seta verde, cinque pezzi d’oro grandi ognuno quanto un piccolo tagliere di stagno; e questo oro era talmente superiore al mio in qualità che non c’era nessun paragone possibile in quanto a malleabilità e colore; e vi erano incise immagini ed iscrizioni che mi permise di copiare” :
E’ possibile ingrandire la visualizzazione dell’immagine per leggere le scritte incise sulle medaglie d’oro.
Sulla prima è scritto in olandese:
Santo Santo Santo
È il Signore nostro Dio
L’Universo è pieno
della sua gloria.
Questo testo (così come quelli incisi sulle altre medaglie) ricorda la dimensione spirituale dell’alchimia. Senza questa dimensione è inutile insistere: l’insuccesso è assicurato. Chi opera in laboratorio senza preoccuparsene lavora e spende il suo denaro invano.
Sulla seconda moneta vi è scritto (sempre in olandese):
Io sono stato fatto il 26 Agosto 1666
Dunque le medaglie sono state realizzate nell’Agosto di quello stesso anno.
Le altre medaglie riportano tutte scritte in latino facilmente traducibili dal lettore volenteroso. E’ interessante notare come la quarta riporti una frase tratta dall’Anfiteatro della Saggezza Eterna di Kunrath.
L’adepto gli parlò poi in dettaglio dei diversi procedimenti per trasformare le pietre in gioielli e di come fabbricare medicinali per guarire diverse malattie:
“Dapprima parlò di come trasformare le pietre e i cristalli ordinari in rubini, crisoliti, zaffiri, ecc., molto più belli di quelli che si vedono di solito; poi come fabbricare in un quarto d’ora il crocus martis di cui una sola dose guarisce infallibilmente la dissenteria pestilenziale, o flusso sanguigno, così come un liquore metallico che, in quattro giorni, viene senza ombra di dubbio a capo di ogni tipo di idropisia….”
In questo passaggio bisogna guardarsi dal confondere il crocus con la pianta a bulbo dei nostri giardini.
Dunque, la pietra filosofale fa “evolvere” tutti i metalli al loro livello superiore che è l’oro. Allo stesso modo fa con i sassi che si evolvono al loro grado superiore, ovvero le pietre preziose. Basta estrapolare quest’azione sull’uomo per sapere cosa potrebbe divenire.
Elias raccontò di quando immerse nell’acqua piovana calda dell’argento laminato ed aggiunse un poco di polvere bianca nell’acqua. Allora l’argento si dissolse come il ghiaccio scaldato. Bevve questo liquido e provò un’impressione di esultanza. L’adepto, relativamente a questo elisir bianco, non volle rispondere a nessuna domanda.
L’alchimista riferisce anche di aver preso un pezzo di tubo di piombo che fece fondere, vi aggiunse un po’ di polvere ed il piombo si trasmutò in oro. Diede questo oro in elemosina ad una chiesa e ne conservò un po’ per fare le medaglie.
Ovviamente Helvetius gli chiese di realizzare una trasmutazione, ma lui rifiutò e promise di ritornare dopo tre settimane.
Al suo ritorno, durante una passeggiata parlò dei segreti del fuoco. Si rifiutò nuovamente di parlare dell’ elisir di rigenerazione perché “pochi uomini potevano rendere gloria a Dio con le loro buone azioni e perché prolungare la vita doveva essere preceduto da una lunga purificazione”.
Helvetius insistè a lungo per assistere ad una trasmutazione, ma invano. Domandò allora se poteva lasciargli un piccolo pezzo di pietra per permettergli di provare da solo, dopo la partenza dell’alchimista. Questi gliene diede un pezzo della grandezza di un chicco di grano.
Helvetius gli disse che era troppo piccolo. Allora l’adepto gli riprese il pezzo, lo divise in due con l’ unghia e gliene ridiede solamente una metà dicendo “questo ti basta”. Helvetius deluso rispose che con questa quantità non poteva combinare nulla; ma cercò di informarsi sull’entità e la mole di lavoro da compiere.
“Né l’enormità del prezzo, né il tempo passato possono scoraggiare chicchessia. Il tempo è nascosto, ma la durata è di 4 giorni”. (Si noti che non precisa la durata del giorno e gioca con la simbologia dei 4 Elementi.)
Poi promise di ritornare l’indomani, ma non ritornò più ed Helvetius cominciò a dubitare della serietà dell’incontro.
Ma la notte sua moglie l’assillava impedendogli di riposare, spingendolo a tentare l’esperienza anche con quel piccolissimo granello di pietra filosofale. In fondo era il mezzo più sicuro per sapere se lo straniero fosse un impostore o meno. E continuò imperterrita per varie notti promettendo di non farlo dormire finché non si fosse deciso alla prova.
Esasperato, Helvetius accese il fuoco del suo forno, anche se convinto della falsità del visitatore che tra l’altro gli aveva lasciato un pezzo ridicolmente piccolo. Era persuaso che l’uomo l’avesse ingannato.
La moglie avvolse il granello di pietra filosofale nella cera, mentre lui tagliava del piombo che fece sciogliere.
Quando fu completamente sciolto la donna vi gettò la pallina di cera.
Nel forno ci furono fischi e ribollii ed in meno di un quarto d’ora tutto il piombo fu tramutato in oro finissimo, cosa che lo lasciò stupefatto.
Allora corse con l’oro testé tramutato ancora caldo dall’orafo, ed anche questi si meravigliò della sua purezza: usando la pietra di paragone lo giudicò il più fine del mondo.
L’indomani si sparse la voce nella città e nel Paese così che un gran numero di persone illustri venne a rendere visita al medico del principe d’Orange, in particolare il Maestro d’Essai, controllore delle monete d’Olanda, che fece controllare l’oro e lo trovò perfetto. In sua presenza fecero un’altra prova usando come fermento l’oro trasmutato, ed anche questa fu positiva.
Si noti come, con quello stesso oro, Helvetius praticò diverse altre trasmutazioni alla presenza di numerosi testimoni.
Come nota di colore finale a chiusura di questo lunghissimo post, di questa storia ne parlò perfino Spinoza, che diffidava di simili storie, ma che fu uno di quelli che constatarono di persona la veridicità delle trasmutazioni di Helvetius.
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