Sul mito di Osiride

Può sembrare strano che si rievochi l’antica mitologia egizia, per spiegare all’uomo contemporaneo le meraviglie dell’Ermetismo, le sue più arcaiche verità ed i sogni di evoluzione connessi al patrimonio di conoscenza che lo rappresenta. Eppure è così.

Nel nostro vocabolario, vocabolario ermetico, la parola Osiride starebbe ad indicare l’origine egizia della dottrina ermetica, o quanto meno la prevalenza, nelle concezioni ermetiche, di concezioni provenienti dalla mitica Terra di Kem.

Purtroppo non vi è il tempo per discutere del Mito, quale espressione del fervido pensiero di un misterioso popolo del passato. Daremo invece al nostro racconto una valenza ermetica, dibattendo sul percorso dell’ermetista, o meglio sulle sue trasformazioni – inconsce e coscienti – nell’attraversare il fiume Lete, oltre il quale risplendono le figure dell’antichità, disposte a manifestarsi nel loro fulgore a chi abbia saputo (e sappia) dimenticarsi di se stesso.

Nell’immaginario collettivo la rappresentazione del Dio Solare, l’Aton del Faraone Akenaton, può essere associata alle immagini di Osiride/Seth e di Iside/Nefti. Il miracolo della resurrezione del corpo di Osiride, ad opera di Iside/Nefti, costituisce un ulteriore modo di esprimere il percorso del Sole nell’Universo allora conosciuto.

Si pensa che la materna passione di Iside per il suo sposo Osiride, sposo e fratello, essendo entrambi figli di Rah, il Sole, conduca la donna, sacro emblema di lunare purezza, ad affrontare un estenuante viaggio sino agli angoli remoti della Terra al fine di ricomporre il corpo dell’amato, per donargli la vita con l’amore-efflato della sua anima immortale – DEA. Si ritiene inoltre che sia Osiride che Seth, suo fratello cattivo – Satana ante-litteram – siano distolti dalla loro vera missione sulla Terra dall’alterco che li condusse al fratricidio, o al regicidio, che dir si voglia.

L’Ermetismo non crede nelle favole del Mito, fondando ciecamente le sue credenze sulle peregrinazioni di Iside/Maria o sulle avventure di Osiride tornato in vita. Non si deve accettare l’idea che Mitologia e Scienza Sacra siano sempre sinonimi. Talvolta si possono trovare parallelismi o si possono richiamare immagini mitologiche al fine di meglio occultare le verità iniziatiche, con scarsa propensione però a ritenere veritiere le leggende che il Mito conferma nella sua usuale accezione.

Dal nostro punto di vista siamo convinti che Magia ed Ermetismo non siano obbligatoriamente sinonimi, poiché se l’Ermetismo è definibile come Scienza dell’Anima, la Magia rappresenta l’antiscienza per eccellenza, dovendo trovare i suoi capisaldi nell’Invisibile, ovvero nel mondo extra-terrestre, fuori la portata della scienza propriamente detta e della ragione.

Deve dunque il lettore intraprendere il suo viaggio all’interno della storiografia del Mito con l’intendimento di accettare soltanto le concezioni scientificamente dimostrabili, ossia intellettualmente comprensibili, lasciando il sacro/magico all’intraprendenza di coloro che sono meno avvezzi alla pratica della ragione.

Il significato della nostra precisazione scaturirà in seguito. Non si creda che siamo miscredenti e che rifiutiamo a priori l’idea della Magia Solare. Abbiamo più volte messo il dito nel costato della dottrina ermetica, allo scopo di evidenziare, dove c’è maggior bisogno, la difficoltà di una interpretazione consona alle verità ermetiche. Noi riteniamo che, almeno per ora, sia prematura qualsiasi digressione su Principi esterni all’iniziato, si chiamino Dei o Archetipi dell’Inconscio Collettivo.

Il segreto – si potrebbe anche dire – dell’Ermetismo/Scuola, si fonda sull’idea di un Tentatore/Satana/Seth alla perenne incetta di anime da sottomettere al suo controllo. Con volontà sovrumana l’Avversario contrasterebbe lo sviluppo interiore dell’iniziato, offrendogli saggi di potere inferiore nelle molte tentazioni a cui viene sottoposto colui che ricerca il Sole dello Spirito.

Il Mito di Osiride tratteggia, nelle concezioni esperibili negli Ordini sacri, antichi e moderni, la storia dell’iniziato ai Misteri, che nel corso del suo tragitto deve essere smembrato, come fu Osiride per mano di Seth. Si dà evidentemente per scontato che l’Iside/Nefti, aspetto occidentale dell’orientale Kalì, creda nell’idea della resurrezione, che il suo scopo sia di ricomporre il corpo di Osiride e che il fine ultimo della leggenda sia il ritorno di Osiride sulla Terra, per riscoprire la vita sia pure in forma non umana. E’ probabile – quindi – che si tratti di un’ingerenza, nel Mito, di intenzioni sociali non realmente iniziatiche.

Si potrebbe invece ammettere, almeno come possibilità, che Iside/Nefti (Nefti nella forma più oscura) possa rifiutare il contorno idilliaco del ruolo di sposa/sorella, sacrificando al fratello Seth, il Maligno, la sua missione di amore e di pace. Vi sarebbero stati non pochi problemi per Osiride, se Iside non l’avesse cercato, preferendo riscaldarsi nel talamo del focoso Seth.

Un’assurdità, non è vero? Eppure il nostro modo di vedere è alquanto possibilista: non esistono storie sempre a lieto fine ed in pratica, ossia nella pratica di vita, molte volte l’anelito all’evoluzione si interrompe perché l’Uomo Storico – Osiride ante litteram – viene lasciato inacidire nelle viscere della terra, dove l’amico (si dovrebbe forse chiamalo così) Seth lo nasconde, per non lasciarlo troppo a lungo – ancora intero – nella Terra arida del corpo.

Il mistero dell’Osiride Risorto viene spesso richiamato, nelle Scuole di Esoterismo, per indicare il percorso dell’iniziato, una volta che sia stato ricomposto nella sua unità dall’amore di Iside, ossia dell’anima, riconvertita nel suo aspetto più luminoso e argenteo: succo lunare in espansione ciclica.

E’ un altro errore teoretico sul quale è opportuno soffermarsi. L’Osiride risorto, il Maestro interiore, che completa il suo percorso inconscio, scende negli Inferi, dove conosce le potenti atmosfere dei domini di Seth, il Maligno. Le conosce senza però lasciarsene colpire; esperisce il Male sino al massimo della sua potenza, ma resta tranquillo sino a quando, per virtualità innata in ogni aderente a quel dato Ordine, non risorge esattamente come il personaggio del Mito, per tornare da Re e Dio in possesso della sua eredità solare.

Nell’intenzione di coloro che fondano un Ordine iniziatico, esiste spesso la tentazione (non altrimenti definibile) di richiamare l’interesse dei neofiti con aspetti di potere magico che si dovrebbero in ogni caso verificare in grazia dell’iniziazione stessa. Il Sole tramonta e poi risorge, sempre e fatalmente, com’è fatale che si risvegli chi pratica nell’Ordine Sacerdotale che si reputa in diritto di elargire i mezzi che servono all’impresa.

In senso puramente mitologico, qualunque persona possiede un Osiride. Il principio della pratica alchemica, sin qui conosciuta come “osiridea”, consisteva nell’accentrare il pensiero dell’iniziato sull’idea che, nel corso dell’itinerario alchemico, si dovesse prima o poi condurre l’anima gloriosa (l’Iside/Nefti) a reintegrare l’Osiride (il Pensiero Superiore) disperso ai quattro angoli della Terra/Corpo potendo, appunto con mezzi osiridei, costringere quell’anima – Dea non ancora tale – a seguire le indicazioni rappresentate nel Mito.

La trappola per i più ingenui è evidente: inducendoli a idealizzare il Mito, si tentava di indurre nell’inconscio meccanismi di identificazione non dissimili dai processi psicologici su cui si basano le fedi confessionali. Aprendo loro le porte dell’Ordine, fino a quel momento precluso per differimento dell’iniziazione al momento di una presunta maturazione psichica, si applicava alla strada spirituale il potente strumento della suggestione, conoscendo (o fingendo di conoscere) le esatte tappe dell’evoluzione “solare”.

Il Mito di Osiride, tradotto in un’accezione personale dal Maestro dell’Ordine, fungeva insomma da specchio per le allodole, illudendo l’iniziato che il suo percorso sarebbe stato sovrapponibile a quello tratteggiato nel Mito. La storia di molte Scuole di Ermetismo mostra l’inutilità di tale artificioso espediente, ai fini dell’autentica ascesi dell’iniziato.

Non esiste un Mito che possa identificare il Percorso Ermetico nella sua manifestazione individuale. Sarebbe il caso che si riflettesse sulle potenziali e deleterie conseguenze del voler applicare le regole dell’iniziazione all’ideale dell’uomo-dio, come vorrebbe la tradizione mitologica.

In ogni percorso di vita, qualunque esso sia, potrebbe aver senso il sogno di un’anima solare scesa sulla Terra per completare la sua evoluzione, nell’aspettativa di un riscatto finale dalle coercizioni della carne. E’ questo un ulteriore esempio di distorsione a sfondo mistico della verità ermetica: si sopravvive alla morte nell’anima, potendo o non potendo ritornare alla vita.

Chi crede che si possa ritornare, affretta il passo verso l’Ordine che promette evoluzione e affrancamento dalla condizione umana; chi al contrario è convinto, dentro di sé, che la sopravvivenza nella compiutezza di se stessi sia solo un’illusione, abiura dalle forme religiose, facendo ricorso a ideologie basate sul materialismo o sulla potenza della ragione umana.

Si tratta di libere interpretazioni del Mito di Osiride, tradotto in termini accettabili dalla mentalità dei meno evoluti. L’Osiride che risorge rappresenta l’aspirazione dell’anima umana alla vita eterna. L’esperienza spirituale deve concretizzarsi nella morte e nella resurrezione “in vita” dell’iniziato. In altri termini egli, per divenire Spirito, deve risvegliarsi alla vita oltre la vita nella dimensione terrena, al fine di ottenere una consapevolezza che non lo lascerà dopo la morte fisica. In effetti i voli pindarici degli antichi Maestri facevano sbalordire per la loro apparente astrusità.

Facciamo un altro esempio. L’oscurità è causa di paura per chiunque, dall’infanzia alla vecchiaia. Il bambino pensa che l’oscurità partorisca orchi e streghe e cerca conforto nei genitori, che gli facciano un po’ di coraggio, negando, con la ragione, quel loro istintivo terrore delle tenebre. Il vecchio a sua volta teme l’oscurità, sapendo che con la morte i suoi occhi si chiuderanno ad ogni percezione visiva. Il timore dell’oscurità coinvolge chiunque sia abituato a considerare la vita sensoriale come unica possibilità di vita per l’essere umano.

Il Mito di Osiride suffraga la tesi che la morte sia tale solo in apparenza, dando l’illusione che non vi sia una vera e propria oscurità nel processo di ascesi, ma affrancamento dalla materia. E quindi non solo che la strada alchemica sia appetibile, ma che si debba fare qualunque cosa per intraprenderla, disponendosi all’impresa col medesimo spirito agonistico di un tifoso dello sport. Si tratta di un grave errore di impostazione, che finirà per travolgere l’incauto in un’inutile aspirazione alla Luce.

Il Principio Solare (bisogna intendere il significato del termine) deve essere coltivato e prodotto (si fa per dire, prodotto) nell’oscurità di una morte non solo immaginaria, ma sostanzialmente identica a quella fisica. Sia chiaro: il candidato non muore veramente. Tuttavia sul piano psichico il processo di morte iniziatica è simile, per molti versi, alla vera morte, comportando avventurosi cedimenti all’Avversario, lente o lentissime riprese, numerose o numerosissime cadute.

Si muore tante volte quante sono le parti del Dio/Spirito che si debbono unificare, per ottenere alla fine il prodotto di un Dio nella carne. Il percorso alchemico consta di mille e una fase. Mille sono gli ostacoli da superare, le barriere da infrangere, le porte da aprire. Una sola sarà però la vittoria, oltre la quale l’Oscurità diviene Luce, e nell’Oscurità Luminosa (sembra un paradosso) il Dio osserverà l’uomo come parte di Sé.

Nel Mito di Osiride, come viene proposto in numerosi Ordini Iniziatici, vi sono veleni che possono alterare profondamente la psiche dell’iniziato, conducendolo allo stress psico-fisico e alla follia. Il numero di iniziati che si realizzano in un campo superiore, esiguo per non dire nullo, si leva come monito a ricercare soltanto ciò che è vero nell’esperienza individuale, non nelle presunte similitudini – o analogie – rintracciabili nei Miti, specie se interpretati ad usum delphini.

Noi crediamo che le Tavole di Ermete siano ancora oggi il viatico dell’iniziato alle sacre Scienze dell’antichità. Nella loro estrema semplicità, incomprensibile per la mentalità moderna, si nascondono preziosi semi dell’autentico insegnamento egizio. I teoremi degli Ordini Osiridei moderni non sono che pericolosi tentativi di stabilire il potere iniziatico su quanti scelgono di fidarsi dell’oscura tradizione dell’errore.

Il bisogno di spiritualità rappresenta l’espressione di un’anima storica, tornata a vivere per ritrovare la Via della Luce. Il nostro tentativo sarà di accelerare il processo di consapevolezza dei veri candidati ai Misteri, contrastando i bisogni egocentrici degli Ordini costituiti e concedendo ai meritevoli di intraprendere la strada più consona alle loro prerogative individuali.

Vi sono molte strade alchemico-ermetiche – nessuna autentica – portatrici di errore e rovina per l’anima. Esiste una sola Strada e un solo Dio, per l’iniziato dell’Ermetismo. E’ realmente un mistero: è possibile che a ciascuno sia riservata una strada personale, mentre è molto improbabile che esista una strada uguale per tutti.

Vi sono molti dei nell’universo mentale dell’uomo: i suoi ideali, le persone care, i personaggi carismatici, il Dio della Chiesa, la tradizione genetica, le predisposizioni e i talenti naturali. Gli dei dell’uomo sono pensieri e non vere Divinità. Nell’Ermetismo si venera il Dio dell’iniziato, che è Legge di Giustizia e somma Verità, nell’uggioso periodo di vita sulla Terra.

Nel potere di Osiride sono racchiusi gli attributi dell’iniziato, che Potestà Numeniche hanno reso tale. Il suo percorso dalla Terra al Cielo, ossia negli Inferi ove risplende il Sole di Mezzanotte, può rappresentare l’ideale e non mai l’esperienza di un candidato ai Misteri. Il significato delle nostre parole è sintetizzato nel nome: ISIDE/TERRA.

Non credete a nulla. Esperite il Sommo, travolgendo le resistenze della mente, se potete farlo. Oppure ritornate nell’ombra dei vani propositi e delle parole senza senso, per trovare l’effimera pace dell’illusione, che vi ristori un poco dalle inevitabili fatiche della vita.

Amonosis