L’Estetica in Cattiaux – Aledom

L’Estetica in Cattiaux

articolo di Aledom

 

Louis Cattiaux

Louis Cattiaux

La pittura di Cattiaux non si presenta al primo colpo d’occhio semplice da capire, né si potrebbe dedurre essere accattivante o seducente. Sensazioni che non trovando un posto privilegiato nella valutazione dello spettatore sembrano abbandonarlo ad un confuso stato di perplessità.

Sarebbe semplice e facile allora qualificare l’arte di Cattiuax attribuendole l’epiteto di “pittura rozza” o di “infantile espressione da autodidatta”, ma non è così. Infatti, se si approfondisce lo sguardo lasciandosi irretire dal gioco e dal colore delle forme, tenendo conto di un necessario approfondimento percettivo, s’intuisce qualcosa che va oltre i parametri di valutazione che si sono utilizzati, ovvero, qualcosa che trascende il significato di bello estetico, inteso come si è sempre cercato di voler intendere di concetto assoluto di bellezza classica. Anche se la pittura di Luois Cattiaux non è molto raffinata nel segno e nell’esperienza lineiforme offre tuttavia un complesso scenico rappresentativo che esige profondo rispetto e attenzione. Il suo messaggio pittorico evince un disegno tematico che conferisce all’immagine dipinta un valore profondo, più per ciò che suole indicare che per come è indicato.

Certo è che il difficile collocamento ad un genere pittorico in particolare non aiuta la valutazione storica, né quella meramente estetica. La sua pittura non è astratta, né simbolica o metafisica, forse alcune volte ci pare nei suoi primi dipinti vicini ad un surrealismo manieristico, ma ciò si può comunque dedurre soltanto nella prima fase della sua pittura, negli anni dell’età giovanile, quando esplorava l’immagine e la forma seguendo una disciplina pittorica che egli chiamò appunto Transilismo. Termine che indica appunto un voler transitare da una formalità oggettiva ad una soggettiva, in cui la percezione dell’elemento è condizionata dalla necessità di esprimerla attraverso una lettura percettiva di uno stato di coscienza diverso, appunto inconscio.

Concetti di una letteratura complessa e mostruosa, evinti così come nella poesia di T. Zara, le cui forme bestiali, immonde, sovrumane, appartengono ad un regno sotterraneo mai esplorato. Ma Andrè Breton, con la nuova concezione della formalizzazione della conoscenza della surrealtà, seguendo il metodo dell’esplorazione psicoanalitica, teorizzava la nascita della pittura Surrealista. Andando oltre la semplice esplorazione dell’ignoto e la sua descrizione, egli teorizzò un nuovo concetto dell’arte che fondava un metodo ben preciso di conoscenza estetica.

Il surrealismo pittorico partì dalle idee rivoluzionarie del Dadaismo ma pur seguendone l’espressione della casualità del gesto, in funzione ad un ribaltamento di ogni valore assoluto della forma, creò un sistema approfondito di studio e di lettura dei segni che provenivano dagli abissi sconosciuti dell’inconscio, così come ebbe teorizzato S. Freud nella sua psicoanalisi. Questa sceneggiatura tematica offrì ampie assicurazioni all’immaginazione che divenne protagonista assoluta della scena dell’arte surrealista. Il protagonismo del linguaggio inconscio apre le porte ad un mondo che lo proietta oltre i confini dell’universo conosciuto, nell’ignoto mondo degli archetipi (G. Jung, “psicologia ed Alchimia “1944).

Così la scoperta di un segno arcano che diviene simbolo esercita, oltre ad un fascino inverosimile, l’illusione di un infinito a portata di mano. La ricerca spasmodica in una poetica non convenzionale, come avvenne per la corrente dei dadaisti che aveva offerto nel passato un ludicro percettivo fine a se stesso, in cui lo stesso Duchamp pareva smarrire il filone conduttore che legava il senso della protesta dadaista appunto, si dissolveva completamente come scopo dell’arte in quel Surrealismo che offriva la certezza di una conoscenza anche scientifica del progresso tematico.

Ma Cattiaux andò oltre la semplice semantica dell’inconscio e del suo preteso apporto scientifico alla sua conoscenza. Potremmo dire che la sua fu “un’ investitura ad personam”, un incarico sovrano offertogli, dall’alto, con il quale egli seppe avere la capacità di leggere gli enigmatici segni di una materia arcana, sconosciuta, quella della complessa letteratura simbologica dell’alchemia. La sua completa vocazione alla sperimentazione tematica, appunto, dell’alchimia della trasformazione palingenetica, caratterizzò gli anni a seguire della sua vita, coinvolgendolo sino a fargli vivere soltanto per questo scopo il resto degli anni della sua vita.

Ma non si potrebbe entrare profondamente nel suo messaggio se non si tenesse conto del suo operato attraverso il suo pensiero poetico e la stesura del libro più importante che conosciamo: “Il Messaggio Ritrovato”.

Soltanto leggendo il libro possiamo dare un contributo maggiore alla conoscenza di quest’artista francese. La sua magia pittorica esprime una forza recondita che pare esercitare nella potenza del significante magico del simbolo, di ancestrale memoria, un forte coinvolgimento volto a suggestionare passivamente lo spettatore.

Questo stato di alterazione percettiva, avente l’obiettivo di permettere l’accesso ad un sostrato della subcoscienza non convenzionale, motivando l’apertura di dimensioni dell’essere sconosciuti, deforma inevitabilmente lo specchiamento nella consuetudine di una realtà del vissuto umano, rendendo anche nuove possibilità espansive della mente. Da questo inquieto percepito lo spettatore sarà chiamato ad affrontare un viaggio introspettivo che attribuirà nuovi elementi conoscitivi e nuove sensazioni. Cattiaux in questo proposito di annichilire e distruggere le maschere della personalità umana, che affligge e mortifica l’anima, ha attinto a risorse lontane, probabilmente ai più sconosciute.

Così il tentativo di un recupero della nostra memoria storica sembra ridisegnare un nuovo processo di cambiamento radicale, facendo emergere la parte antica dell’uomo, storica, origine della stessa esistenza avente l’obiettivo di realizzare l’affermazione di un principio divino immerso nell’oscuro “fango dell’ignoranza”. Questo processo che analogicamente è descritto dagli alchimisti è un processo di fermentazione di stati di coscienza che si alternano e che in questo travaglio il poema del cambiamento esercita lo stesso fascino emozionale che l’arte regale sa produrre.

Questa strana commistione di arte pittorica e di letteratura alchemica diventa la fucina delle esperienze, ove il vissuto è un vivente eterno dimostrato nella creazione della pietra dei filosofi (ved. Quadro “La Pietra dei Filosofi”). La conoscenza dello spirituale perviene attraverso il simbolo, rappresentato così nei quadri di Cattiaux indicante un percorso che deve, anche nell’atto magico della sua arte, farci vedere il senso di una volontà di potenza protesa a modificare la centralità dell’esistenza umana immersa in una molteplicità confusa, raffazzonata e caotica manifestazione di comportamenti protesi all’esaltazione di un egotismo spietato.

Ma le condizioni di appartenenza al mondo “magico” dell’arte non sono i soltanto dettami di una complessa e selettiva cerchia di operatori, bensì le componenti essenziali di un percorso aperto agli uomini di buona volontà, cioè a coloro che sono disposti a credere fino all’inverosimile. La figurazione tematica esige una centralità del soggetto narrante, essendo l’unico interlocutore deputato a trasmettere all’osservatore sensazioni provenienti da luoghi sconosciuti “non soltanto” dell’animo umano.

Questa iper-percezione deve trascendere l’aspetto sensazionale, deve assumere la capacità di dialogare di argomenti non ragionabili, bensì intuibili, traducendo in un serrato linguaggio fatto di segni incomprensibili, come fenomeni del lessico non comune, un mondo magico, il mondo delle idee superne. Questi stati di coscienza sono rappresentati con precisione e trovano una spiegazione formale nelle tracce e nei segni che ornano alcuni dipinti difficilmente osservabili ad un primo acchito. Questi sono appunto intuizioni di appercezioni altere e lontane, man mano che si progredisce nei vari piani, da Malkuth sino ad arrivare Kether, (escludendo En-Sof che pare essere il non essere, l’ infinito) così come la cabala insegna (I. Luria).

Lo sguardo attento dei ritratti dipinti da Cattiaux, severi ed austeri, tenta di ipnotizzare e di sedurre l’osservatore in un tentativo eclettico di riprodurre le maschere degli stregoni delle tribù africane usate nei riti propiziatori (intese a spaventare o soggiogare gli spiriti). Ma il vero scopo di questo modo di dipingere potrà forse ricondurre l’ attenzione dell’uomo alla speranza operata nella captazione dello spirituale universale che non appare manifesto? Chissà, forse si, ma rispondere affermativamente, appunto, a queste domande implica la negazione del presunto punto di vista con cui si osservano gli eventi, facendo in modo di capovolgere orizzonte in cui gli eventi stessi si compiono.

Questo stravolgimento del punto focale implica il cambiamento della posizione in cui gli eventi stessi sono percepiti, sia nella dimensione e nella sostanza del sé percepito, sia nella difformità dell’evento percipiente. In tale senso l’operare implica che il soggetto operante si spogli della consuetudine con cui il suo sé, abbandoni l’abito formale con cui è vestito, ovvero si liberi dalle false percezioni con cui l’uomo quotidianamente si veste. Questo denudamento, operato per mezzo dello “stato di grazia” , rappresenta il cambiamento che magicamente trasforma la consuetudine dell’ “orizzontalità del vissuto umano” in una verticalità del pensiero rivolto all’ideale superiore che lo stato di grazia appunto precede.

Ma l’uso del simbolo nei quadri di Cattiaux si estende anche al particolarissimo utilizzo di tavolette di legno in cui è inciso e dipinto un messaggio nascosto, cifrato, come ad uso di talismani magici, di quel codice semantico che cita appunto segni che sono ripresi dal libro del famoso esoterista tedesco Cornelio Agrippa, evidenti nel dipinto della “Venere Magica”. Ma questo linguaggio degli angeli (come riferimento alla citazione delle cifre del famoso libro “La Filosofia Occulta, La Magia” di Agrippa) non deve indurci a pensare in modo sbagliato, e cioè che Cattiaux avesse preteso di fare del magismo da baraccone, piuttosto, affermare ancora una volta la sua profonda conoscenza di un linguaggio a pochi conosciuto rivolto a coloro che sono degni, che sono meritevoli di anelare ad un’ideale in stato di superna saggezza.

In tutta l’arte di Cattiaux è presente il ricorso al mistero della fede, non quella edulcorata, di bieco misticismo, ma quella della fides, intesa come sintomo certo di un processo di speranza in atto che protende ad un cambiamento dell’individuo ad un ritorno all’Adamo antico storico, universale. L’arte pittorica di Cattiaux è caratterizzata da diversi moduli espressivi, diversissimi fra essi, da un colore estremamente vivace e vitreo, frutto di una profonda ricerca delle misture e dei composti (come reperite negli antichi opifici delle fiandre). Così, non essendo facile cercare di ottenere un risultato completo nell’esprimere un giudizio estetico, tenendo conto degli elementi offertici dai lavori di Cattiaux e cercando di riassumere sinteticamente tutto il suo pensiero, si può delineare un percorso esplorativo che tenga conto di cosa intenda dirci il suo messaggio, il Messaggio Ritrovato.

Pur tuttavia non sempre osservando i suoi dipinti si ha la certezza di leggere la sua poesia nell’opera pittorica, motivo dovuto alla differenza stilistica con cui i suoi primi quadri rispetto agli ultimi della sua vita conservano appunto un messaggio rivolto al fruitore. La fase dedicata alla sperimentazione stilistica in cui la pittura di Cattiaux cerca di emulare il surrealismo in una sintesi espressiva che era chiamata Transilismo (ovvero fase in cui l’arte transitava appunto da un’espressione ad un’altra) indica la ricerca e la sperimentazione di uno stile definitivo.

Stile che sembra aver trovato il suo definitivo carattere espressivo nella fase pittorica caratterizzata da un uso esplicito di simbologie concernenti il sacro o come si potrebbero definire diversamente: di elevata espressione ispirativa. La percezione del lettore è spesso demandata ad un processo cognitivo non sempre in sintonia col rappresentante simbolico evinto. Se si tengono in considerazione le modalità con cui si leggono i suoi quadri si nota un imbarazzo scomodo, non derivato certamente soltanto dalla sensibilità del fruitore. L’uso frequente di alcune immagini predilette (come le madonne) sembra evocare scenari del sacro cristiano, facendo emergere dalle figure sante un significante storico che è vissuto in un vivente eterno espresso nel tempo finito dell’evento rappresentato, appunto metafisico.

La raffigurazione di madonne occupa un posto speciale nella pittura di Cattiaux, esprimendo esse un motivo complesso non leggibile soltanto dalla forma. Queste immagini spesso richiamano la compostezza e la leggiadria delle Madonne medievali, il loro senso materno esaltato dal gesto di amore verso il proprio bambino esprimono un coinvolgimento potente, che fissa l’emozione ad un semplice e comune richiamo alla nostra origine. Il mistero della creazione dell’universo e della materia vergine, contenente informale, sono narrate seguendo una tradizione che si perde nei secoli.

Cattiaux esige in queste figure materne un rigore simbolico esclusivo, nel rispetto di un profondissimo amore per la madre (forse per quella madre che egli non conobbe e non ebbe mai accanto). Ma in quest’incantamento poetico l’artista francese evolve la sua commozione suggerendo ancora una volta un messaggio che pare essere smarrito, un messaggio d’amore. Ma nella Condizione scenica lo stato di mistica riverenza si esalta nell’uso del colore che segue il modo di colorire indicato nelle antiche icone bizantine.

Le immagini si chiudono e il momento scenico, avvolto in un silenzioso rispetto verso una purezza filosofica difficile da intendersi, sempre con un forte messaggio, apparentemente spregiudicato. Cattiaux ri-vela, in altre parole cela il “nudo senso” del sacro per non contaminare l’alterità poetica con il biologico processo di decadimento. Concetto che induce ad una riflessione che comprende ampiamente l’uso delle tecniche semantiche con cui si esperivano le idee dell’alchimia nel medioevo e nel rinascimento.

Ma se da un lato abbiamo una rivelazione intesa come dono di una conoscenza arcana all’uomo affetto dalla sua caducità, dal suo decadimento morale e biologico in conseguenza di una vita e di una morte, dall’altro Cattiaux è costretto, suo malgrado, a seguire un procedimento di ri-velamento, ovvero di occultamento del contatto col divino. Questa necessità ci appare, oltre che poco estensibile ad un’ampia accettazione, piuttosto oscura, incomprensibile.

Varcare la porta del regno di Dio è preclusione ai molti ma non ai pochi, a coloro che sono degni. Ma indagare sulla costante che regola e misura la quantità di conoscenza del sacro è compito di un vate e non di un uomo qualunque. Soltanto la conoscenza della scienza del simbolo, inteso nella sua purezza e contenuto, può dare possibilità alla comprensione del sacro, sempre inteso come rapporto con l’assoluto o col divino. Pensare ad una metafisica poco comprensibile non preclude ogni possibilità all’evento trascendentale stesso, ma definirne i lineamenti senza alcun rigore estetico dell’assoluto, appunto, non rappresenta un approccio certo. Occorre quindi tener sempre conto delle prerogative dell’umana sensibilità che per sua natura tende a modificare le rozzezze dell’animo avvinghiato nella morsa del ciclo della morte/vita. L’uomo quindi trova nell’escatologia della poetica ispirata al sacro la sua salvazione, nonché il suo riscatto morale.

Esiste nella soteriologia del linguaggio cattisiano una rivincita sulla mortificazione del ciclo della replicazione degli eventi, della sequenza di tempi che si susseguono meccanicamente, nella perdita della speranza. Non è da escludere che un certo pensiero filosofico, per esempio con riferimento ad una gnosi neoplatonica, possa intendere nel significato del riscatto dell’anima sul corpo un’ispirazione ontologica e palingenetica. Ma nei suoi quadri con l’uso di un colore fiammante, acceso lucente, poi opaco e riflettente, l’immagine, simbolo arcano e austero di un’alterità poetica incondivisibile con l’uomo, caduco, sembra indicare con gesti il momento e il luogo in cui l’uomo stesso potrà ricevere la sua epifania, in altre parole la manifestazione di quel senso sacro che sembra aver smarrito.

Ma il concetto di sacro non è da intendersi come sacralità di un certo ambito religioso o di un certo ambiente di vocazione al dogma, bensì come evento di produzione di un cambiamento che deve e può essere vissuto in uno stato ben preciso. Ed è evidente nell’uso della simbologia un riferimento continuo a questo stato ontologico dell’uomo che si apre all’evento. E’ appunto lo stato in cui l’umano, prodigo al cambiamento della sua condizione, riceve l’affermazione di un vero processo, interiorizzato, di trasformazione, in altre parole la certezza di ciò che è realmente. Ma questa sua condizione della sua realtà non è una speculazione filosofica intesa a produrre ragionamenti ed asserti logici che lo convinceranno di come egli è, ma riconfigureranno la sua visione nella sua vera essenzialità, di figlio di dio.

Così tra i dipinti dell’artista francese si notano rimandi ed echi lontani nell’uso dei colori scuri, tenebrosi, che sembrano riprodurre il nulla della materia non ancora informata. Materia che si rileva nell’ispessimento del colore e nell’uso di miscele che frantumano la materia e la rendono simile ad un caleidoscopio universale in cui leggere la diversità nell’unità dell’essere. Quindi è nell’uso della forma che Cattiaux sancisce un patto tra il finito ed il non finito, tra il mondo limitato dell’uomo e l’universo infinito ed eterno in cui ogni riferimento alla forma stessa appunto è nullificato, essenzializzato e sacralizzato. Egli riesce a cogliere un “tutto nel tutto” suggerendo al fruitore un messaggio di speranza racchiuso in ogni uomo. Va precisato, oltre alla difficoltà di cogliere un’estetica omogenea della pittura, la qualità spesso poco ostensibile del segno, che evince una certa approssimazione nel delineare la forma. Ciò è principalmente imputabile alla sua preparazione di base, essendo un autodidatta che ha saputo fare tesoro di qualche lezione di pittura offertagli da qualcuno.

Con ciò non s’intende sminuire la portata della sua arte espressiva che rimane comunque nell’insieme un’ottima elaborazione nella fattura e nella sperimentazione della materia e delle misture del colore.

Quest’articolo vuole essere solo l’introduzione ad un successivo lavoro di analisi che sarà suddiviso in due parti: una rivolta all’aspetto tecnico comprendente il segno, il colore, la texture, i medium; l’altra,  all’aspetto tematico includente: la poetica, la filosofia, l’escatologia e la letteratura.